Associazione Fondazione LUCIANO MASSIMO CONSOLI

5 maggio 2010

GIOVANNI BUZI

Giovanni Buzi (Gianni) si è spento il 17 marzo 2010 dopo una lunga lotta contro il cancro.

Pittore, scrittore, insegnante, era prima di tutto un essere libero, creativo e amante. Nato a Vignanello (provincia di Viterbo), il 10 marzo 1961, era andato a vivere a Roma all' età di 18 anni per studiare l'Accademia delle Belle Arti e la letteratura nell'ambiente vibrante ed emancipatore dell'Italia di allora. Il suo umanesimo ateo si manifestava con una curiosità universale. La scoperta di altre persone, di altre culture, d'altre fonti di bellezza non hanno smesso di animarlo.Per lui l'unica oscenità era l'arroganza dei potenti e la rassegnazione dei sottomessi. Ha affrontato la malattia con un coraggio e una lucidità eccezionali. Si è fatto amare da tutti quelli che l'hanno curato. Durante i pochi mesi di tregua dal male, fra settembre e dicembre 2009, aveva dipinto centinaia di quadri che terranno viva la sua presenza. Quando ha saputo che non c'era più nessuna speranza, ha deciso di morire nella dignità e ha scelto il momento della sua partenza. Sopravviverà attraverso la sua pittura, la sua scrittura e l'immenso amore che ha dato in ogni momento della sua vita. Il suo corpo è stato cremato a Uccle, Bruxelles e l'11 maggio una parte delle ceneri di Gianni sarà portata a Vignanello. Il venerdi 14, nel pomeriggio, ci sarà una riunione pubblica a Roma con diversi interventi + lettura di testi.

Laurent Vogel, il suo compagno di vita e amore dal 1984

[ http://giovannibuzi.net/ ]

un poema di Andrea Garbin in omaggio a Giovanni Buzi

Canto IV (all'amico Giovanni Buzi)

Io sono il colore la dolce rima
che volge l'occhio al cuore al dolore
il vortice che dipinge l'orrore
la punta di dito che lo rimesta
e lento spinge a ritornare amore
io me ne vado - vi dico - confuso
ma non per questo il mio vernicio muore
e nello strazio s'intende un angelo
che superispirato musicante
sale in stato interessante, vi lascio
solo nel corpo – ve lo dico ora -

me ne vado alla faccia del potere
quello ve lo lascio: vipera sfinge
bifallico cornuto dragodonna.
Sorge, ora che mi faccio cenere,
l'aroma dei visi e "il nulla freme"
ritorno al vortice col cuore a palme
mentre all'ombra di Giuditta subisco
ingrata pena, fontana di Dafne
io me ne vado nel mio regno nero
col mio sereno viso a sgranare
le mie collane, una dopo l'altra,
ne spargo i colori come colombe
di pace allestite al rogo d'amore

e il vento: Pùm! Batte il volto di sfinge
una canzonetta allegra glissarsi
dove ora me ne vado a passeggio
nella mia città eterna, nei fondali
della carne tatuata d'alghe volo
e dico a voi che state ancora al mondo
abbiate la processione negli occhi
di coloro che fanno resistenza
e dico a voi che state in parlamento
di ogni palazzo, da questo luogo
seguito il poema indecifrabile.

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