Associazione Fondazione LUCIANO MASSIMO CONSOLI

5 dicembre 2021

Un ricordo di Laura Di Nola



 Voglio dedicare qui oggi un ricordo affettuoso a Laura Di Nola, amica e compagna lesbica e femminista, scrittrice e saggista, che è stata una delle poche donne a collaborare con me nel FUORI! romano fin dal 1973, a manifestare con Claudio Mori e Raffaele DeCosa (suo compagno ufficiale) e me in piazza san Pietro nel 1974  per i diritti della gente omolesbotransbisex e in tante altre occasioni. 

Collaborammo in tante altre attività, comprese le trasmissioni autogestite del FUORI! romano che ho organizzato e mandato in onda dal marzo 1976 al maggio 1978 su 88.5 RadioRadicale.

 Attraverso il primo consultorio omosessuale autogestito da Claudio Mori e me,  la aiutai a raccogliere le poesie inedite di donne che  lei pubblicò in un libro dal titolo "Da Donna a Donna". ma pubblicò anche altro. Psicologa, si occupò di studi di psicologia sociale e fu uno dei giudici popolari che istruirono assieme a Massimo Consoli, Dario Bellezza ed altri, il "CONTROPROCESSO" per l'omicidio  di Pier Paolo Pasolini.

Come leggerete nei brani che seguono, a seguito dell'"affaire Moro" venne perseguitata e considerata "persona pericolosa" a causa delle sue conoscenze personali, per cui tutti i suoi scritti inediti vennero sequestrati nella sua casa qualche giorno dopo la sua morte e non se ne è saputo purtroppo più nulla.

L'appena trascorso 3 dicembre sarebbe stato il suo 89° compleanno, se non se ne fosse andata oltre l'arcobaleno nel luglio 1979 per un tumore, che decise scientemente di non curare.

Alba Montori


Il primo brano proviene da LES Wiki - archivio di cultura lesbica

*Il Fuori donna si è costituito da poco, probabilmente perché la donna è sempre stata più repressa dell’uomo nel suo privato e quindi anche nel suo privato “lesbico”.

In questo senso esse hanno il problema dell’accettarsi e del farsi accettare, vissuto in maniera assai più paralizzante di quello maschile.

La raccolta di poesie lesbiche – della quale ho parlato sul n. 16 di Fuori! – ne ha dato una dimostrazione, mostrando una resistenza a scoprirsi anche da parte delle persone più politicizzate; un altro motivo è legato alla minor autosufficienza della donna, più esposta alla difficoltà di una libera scelta.

Comunque l’esperienza di questo libro, dandoci motivo di riflessione, ha convinto alcune donne omosessuali a venire a radio radicale, nello spazio del Fuori, per un’esperienza che almeno a livello femminile, ci sembra rivoluzionaria: l’autocoscienza per radio, cioè fatta davanti al più eterogeneo pubblico di ascoltatori, e allo scoperto.

Ci è sembrata necessaria questa rottura, fondamentale fare un salto qualitativo e riuscire a parlare non più nel recinto di un ghetto formato da persone “particolari”, coi discorsi che risultavano “muti” per quel che riguardava l’esterno.

Esporre il proprio privato e il proprio privato “diverso”, non considerare certi argomenti tabù ma “normalizzarli”, portandoli alla luce del sole.

Le trasmissioni di autocoscienza sono iniziate a Luglio, all’inizio sono venute donne che avevano avuto rapporti omosessuali, adesso sono cominciate ad arrivare donne che si professano “etero”.

A mio avviso esse possono avere il valore che hanno in psicologia i cosiddetti “gruppi di confronto”, ma è ovvio che dovrebbero rimanere almeno come minoranza, altrimenti si rischia di diventare un qualsiasi gruppo di autocoscienza femminile.

E’ chiaro che le nostre difficoltà sono – almeno a prima vista – maggiori di quelle in cui si dibatte ogni gruppo di autocoscienza e possono far pensare al nostro lavoro quasi come a una scommessa che mandiamo avanti per testardaggine.

Agli inizi forse è stato così, ma superato il primo impatto ci siamo accorte che esiste un incentivo, maggiore che nei gruppi che agiscono al chiuso, ed è proprio quello di uscire allo scoperto, considerando non solo il dialogo che possiamo avere con ascoltatrici isolate (e comunque abbastanza coraggiose), ma anche il fatto che la nostra lotta di liberazione sessuale è lotta di tutti e uno dei suoi momenti, l’autocoscienza, deve esser reso pubblico.

Già nei primi incontri (l’ha confermato più tardi l’entrata delle donne cosiddette etero), sono emersi problemi comuni ad ogni donna, anche non omosessuale: la lesbica può avere una maniera più autonoma e cosciente di superarli e di viverli, ma le radici sono nell’oppressione della società, non certo nell’omosessualità, che gli psicologi del sistema considerano responsabile di ogni turbamento.

Il rischio insito in una trasmissione radiofonica mi sembra sia quello di sfuggire a una presa di coscienza del nostro privato a vantaggio di una eccessiva teorizzazione che nasca da moduli prefissati che vengano fuori a difesa delle nostre inibizioni: mi sembra però che questo pericolo si vada superando brillantemente.

Le composizioni al nostro interno sono diverse: c’è Alba Mori (Montori), insieme ad altre compagne del Fuori, alcune provengono dall’MLD, altre dal Movimento femminista romano. Ci sono delle differenze a livello politico fra di noi, ma anche queste penso possano essere utili come motivo di confronto.

Alcune critiche ci sono venute da parte dei compagni maschi del Fuori: “Perché fate l’autocoscienza da sole, anch’io mi sento donna”, oppure: “Perché rinchiudervi in un ghetto” erano le frasi con le quali ci redarguivano più spesso.

Prendo l’occasione per ribadire i motivi che hanno spinto le compagne ad accettare questo momento di lavoro autonomo che ho proposto: il primo consiste senz’altro nel fatto che il sentirsi donna di un maschio è almeno politicamente diverso dal nostro essere donna. Se in parte è un giusto tentativo (e anche noi lo stiamo compiendo) di accettarsi nella propria totalità al di fuori dal ruolo, in parte consiste nella tentazione di entrare quasi con piacere in quel ruolo “iperfemminile” (e quindi non totalizzante ma parziale) imposto dal sistema, che oggi le donne e le femministe in particolar modo tentano di rompere, in quanto di “sospetta autenticità”.

L’oppressione probabilmente è diversa, lo stesso ruolo il sistema lo impone alle donne, e lo proibisce agli omosessuali maschi, quindi so bene che il fatto può essere per loro rivoluzionario, ma nei termini sempre di una classificazione.

Molti nostri problemi sono chiaramente in comune, ma in parte sono anche molto diversi e io chiedo ai compagni: come possiamo fare una vera autocoscienza senza isolare questi problemi diversi?

Noi donne ad esempio non possiamo dare se non in maniera intellettualistica ed esterna un contributo al problema del travestitismo, che fra noi è meno diffuso. I nostri silenzi durante la discussione di questi problemi lo testimoniano. Nella stessa maniera gli uomini non possono dare un contributo sul vissuto di particolari esperienze, dovute soprattutto alla nostra condizione di donne, in una società in cui l’uomo – seppure oppresso come omosessuale – è già diversamente trattato.

Con ciò non si vuol fare assolutamente dichiarazione d’autonomia, semmai portare avanti un tentativo di maggior approfondimento che forse ha bisogno di una fase di differenziazione per una maggiore riflessione interna.

Ciò non toglie che possano esserci contemporaneamente gruppi di autocoscienza misti o gruppi separati che periodicamente si incontrino per un confronto.

Sarebbe interessante a questo proposito sentire le esperienze di altri gruppi, scambiarci le opinioni, aprire un dibattito, in mancanza di altri incontri, sulle colonne di questo giornale.

Laura Di Nola *




Il secondo brano, salvato nel sito di EFFE, è un resoconto del secondo congresso  del FUORI! donna tenutosi a Torino nel 1978.

a Torino si è tenuto, dal 23 ai 25 aprile il II Congresso del fuori-donna… Di nuovo si è parlato delle difficoltà che esistono tra le compagne femministe e le compagne omosessuali del fuori…

maggio 1978

All’insegna della polemica il 2° Congresso del Fuori-donna che si è tenuto a Torino dal 23 al 25 aprile. 

«Le lesbiche si sono riunite in un localaccio in via Garibaldi, strada nota alle spose torinesi, per le sue chiese, le dieci grandi boutiques specializzate in abiti da sposa» scrive una giornalista del Giorno, in vena di folklore, ed accusa le donne omosessuali di soffrire un po’ la mania di persecuzione, e di accreditare alla società i loro problemi.

Il resto della stampa ha fatto il punto sull’emarginazione e la criminalizzazione, alle quali tuttora sono sottoposte le lesbiche, colpevoli di aver rotto del tutto il tabù di sudditanza nei riguardi del maschio ed ha anche accennato alle lotte di liberazione sessuale che il Fuori-donna tende a portare all’esterno, rompendo il concetto di «normalità» e il concetto di «ruolo».
In realtà il convegno ha avuto anche punte polemiche verso le compagne femministe, con le quali ancora non si è trovata una maniera di lavorare insieme.


In una lettera indirizzata alle femministe, una delle aderenti al Fuori-donna scrive: «È ormai innegabile che nel movimento femminista ed in una percentuale anche abbastanza alta, si pratichi il lesbismo. Ma sarebbe ora di chiedersi cosa fame di questo lesbismo e cioè se esso è un momento di lotta o un elemento stabile che fa parte del separatismo e di una sfiducia anche futura nel rapporto con l’uomo, o non sia pure l’espressione dì una polisessualità finora inibita.
Se la terza ipotesi fosse valida
— continua la lettera — allora non ci si è domandato abbastanza perché la polisessualità viene castrata e perché il potere ha creato oppressioni sessuali di ogni genere, e rivolte ad ogni individuo, anche se soprattutto alle donne.

È vero che il femminismo ha già risposto in alcuni suoi discorsi iniziali dicendo che l’oppressione serve alla creazione di maschi ambiziosi, competitivi, aggressivi, e di donne servili e strumentalizzabili, di .persone necessarie alla continuazione di questa società patriarcale e violenta, che da più potere agli uomini, ma castra in parte anche loro con l’imposizione di stereotipi e modelli. 

Ora mi domando se le femministe stanno agendo in conseguenza delle loro premesse teoriche. Io personalmente — prosegue l’autrice della lettera — non voglio avere una visione pessimistica ad oltranza, che mi faceva arrivare ad un separatismo perenne e dogmatico, ma nemmeno credo alle isole felici dove esistono solo donne liberate in una società oppressiva maschile, che ripropone sempre gli stessi ruoli, o dei ruoli appena mistificati. E se qualche uomo — e non fra i compagni, ma fra gli omosessuali — è cosciente delle castrazioni alle quali per un po’ di potere ci si sottopone — pur differenziandoci da lui io penso ci possano essere dei momenti di lotta comune, al di là della quale sarà ben difficile cambiare in maniera rivoluzionaria la società, e questo mi sembra un problema che dovrà porsi in futuro il movimento delle donne».


C’è quindi nelle associazioni delle lesbiche dichiarate un’apparente contraddizione; se esse son quelle che più si distaccano dal maschio, non disdegnano di avere delle attività, insieme ad un certo tipo di uomo che esse considerano rivoluzionario, pur senza identificarsi in alcuna maniera con esso, tenendo presente il proprio specifico, ma sentendo che la «rivoluzione» va allargata il più possibile, se non si vuole che essa sia sopraffatta in un prossimo futuro.

Su questo punto le femministe sono discordi, e le compagne del Fuori-donna si sentono isolate. 

«Isolate dal giudizio di criminalizzazione che proietta su di noi la società — spiega Carla — ma anche dal movimento femminista, Io credo che le femministe ancora risentano di questa criminalizzazione e che preferiscano avere all’esterno l’etichetta di femministe, anziché quella di lesbiche. Per questo, e non solo per un separatismo portato alle estreme conseguenze, esse non vengono alle nostre manifestazioni. In effetti alle manifestazioni studentesche — sebbene la questione sia dibattuta — le femministe partecipano, ma non a quelle del Fuori-donna dove non mettono piede. Noi invece vorremmo fare qualcosa con le altre donne»;
«Se non sarà possibile trovare un accordo subito con le altre donne — prosegue Ada — io spero che in futuro, questa nostra polemica, possa essere motivo di discussione e servite per un punto d’incontro, anche perché le lotte che conduciamo hanno dei fini, evidentemente comuni».


 Laura Di Nola: - Psicologa, pubblicò un’antologia di poesie scritte da donne e curò diverse raccolte di saggi.

Venne citata nel processo Moro (ucciso il 9 maggio 1978), indicandola come partecipante alle riunioni dell’autonomia nella sua casa di via di Sant'Elena a Roma, ma anche come possibile agente segreto del Mossad" 

[https://www.nottecriminale.news/2021/03/02/laffaire-moro-collante-tra-cutolo-e-la-banda-della-magliana-quando-lo-stato-chiese-alla-criminalita-qualcosa-che-non-voleva-seconda-parte]



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