Associazione Fondazione LUCIANO MASSIMO CONSOLI

29 ottobre 2010

MASSIMO CONSOLI : LA RIVOLUZIONE DEI DIRITTI CIVILI

Manifesti politici, documenti conservati nel più grande archivio mondiale di storia del movimento per i diritti dei gay, riconosciuto e acquisito, nel 2001, dallo Stato italiano come un bene di grande prestigio. E poi saggi, interviste rese in ogni parte del mondo, centinaia di testimonianze e di compagni di viaggio ad affiancarlo nel tentativo di segnare una strada nuova, diretta al traguardo dei diritti e delle libertà civili per tutti i cittadini.

“Lo Stato deve capire che quando non è capace di fare il suo dovere, le comunità al suo interno prendono iniziative autonome e vanno avanti per conto loro. Così è sempre stato nel corso della storia. Così mi sembra giusto pensare che continuerà ad essere”.

In questa frase c’è tutto Massimo Consoli, intellettuale, storico, scrittore, giornalista ma soprattutto testimone di tante storie d’amore e d’amicizia nate in nome di una certa idea di libertà.

Massimo se n’è andato da tre anni, il 4 novembre 2007, due giorni dopo l’anniversario della morte di Pasolini, autore che ha conosciuto e amato con sincerità e onestà, contribuendo in maniera decisiva non solo alla memoria della disgraziata e brutale morte ma alla riflessione sul pensiero di Pasolini vivo. Una data storica fu il 30 ottobre 1976, giorno di una pionieristica manifestazione apertamente gay organizzata dal gruppo di Consoli a Roma, alla vigilia del primo anniversario dell’uccisione del poeta, che culminò in una protesta sotto la segreteria nazionale del Pci in via delle Botteghe Oscure. Sugli striscioni c’era scritto: “Sono omosessuale e non voglio morire”.

Oggi è persino difficile scrivere in maniera distaccata di PapaMax, come lo chiamavano in molti. Ci aiuta, per un doloroso ma naturale paradosso, solo l’eco della sua voce stentorea e solenne che si allontana nel tempo. Consoli, però, ha avuto la fortuna, di essere riconosciuto e amato dagli amici più cari al punto che, consci del valore che aveva ed avrà nel tempo il lavoro da lui svolto, hanno deciso di organizzarsi, praticamente subito dopo la scomparsa, in una fondazione dedicata alla sua memoria.

Un’opera che non ha mai perso la sua rilevanza anche politica per cui, Consoli per primo, era uso metterla a disposizione di tutti.

Oggi, siamo abbastanza sicuri che l’ideale “arco futurista” che va da Fini a Vendola su temi come i diritti, l’immigrazione-integrazione e l’ambiente, nato con l’obiettivo comune di abbattere gli steccati e far cadere i residui dei muri che ingabbiarono l’ultimo secolo non dispiacerebbe affatto a uno che, come Consoli, è stato un “terzista” nato, se così si può definire la sua spinta verso l’individuazione, anzitutto nella sua materia prediletta, i diritti civili, di un percorso che fosse autonomo rispetto alle ideologie schematizzate nell’archetipo destra-sinistra.

Il riferimento libertario di Massimo, tuttavia, non era certo al vecchio Pierre-Joseph Proudhon. Semmai era più vicino a John Henry Mackay di cui fu appassionato lettore e, nel 2006, con non poca fatica e nonostante il cancro, pubblicò per i tipi dell’editrice ragusana “La Fiaccola” la sua traduzione della biografia del libro “Anarchico d’amore”, biografia di Mackay scritta dall’americano Hubert Kennedy.

Massimo Consoli, indifferentemente, a Roma o a New York a Amsterdam o a Frattocchie, nei Castelli Romani, dov’era la casa avita e dove ha scelto di trascorrere l’ultimo quarto della sua vita, lottava attraverso i suoi scritti e il suo sapere. Con le sue iniziative estemporanee che sono riuscite sempre a incuriosire un po’ tutti.

Nel novembre di trentanove anni fa, appunto, pubblicava il “Manifesto per la rivoluzione morale”, una raccolta di interessanti, ancorché ormai datati saggi, sul tema della “rivoluzione per i diritti”. Vi parteciparono nomi come Dario Bellezza, poeta che di Consoli fu il migliore amico e per l’occasione produsse un saggio intitolato “Dalla famiglia alla libertà”, quindi la femminista francese Francoise D’Eaubonne intrattenutasi sulle “lotte parallele” tra il nascente movimento omosessuale e quello femminista, fino alla testimonianza del religioso olandese Jan Van Kilsdonk circa i rapporti tra la sua “esperienza religiosa e la sua coscienza morale”.

Era, invece, negli Stati Uniti quel 3 luglio 1981 quando il New York Times parlò di un “raro cancro osservato in quarantuno omosessuali”. Si trattava dei primi casi di Aids e Consoli venne a parlarne subito in Italia. Nel gennaio 1988, poi, conclusa l’esperienza negli Usa, organizzò una mostra sul grave morbo. La rassegna si intitolava “Aids. Le pesti parallele”.

Al di là dello schematismo preconcetto dello scorso secolo, abbiamo detto. Non a caso Consoli è stato lo storico autore del libro “Homocaust – Il nazismo e la persecuzione degli omosessuali” la cui terza e definitiva edizione è stata editata da Kaos. Al tempo stesso, dopo il celebre confronto sul tema dei diritti tra Fidel Castro e Giangiacomo Feltrinelli avvenuto nel viaggio di quest’ultimo a Cuba del 1965 e rimasto per anni nel silenzio, Consoli fu il primo nel movimento gay a svelare cosa accadeva davvero nell’isola caraibica dentro i campi di lavoro dove il regime deteneva in maniera disumana quelli che secondo loro erano “controrivoluzionari”. Tra questi anche chi non rispondeva al modello di maschio integrato nella logica machista del regime. Per queste coraggiose denunce per la prima volta il movimento da lui stesso creato affibbiò al nome di Consoli gli aggettivi: “nero” e “fascista”.

Nel 1993, poi, nel pieno della striscia di omocidi che si verificarono nella Capitale, intervenne a rompere un altro tabù: incontrò, in rappresentanza della comunità gay capitolina, l’allora questore di Roma, Fernando Masone che poi sarebbe diventato Capo della Polizia.

Un motivo in più, questo, non da poco, per confidare nella buona stella del neonato Oscad (Osservatorio contro gli Atti Discriminatori) del Dipartimento di Pubblica Sicurezza di cui abbiamo recentissimamente parlato anche sul Secolo, sorto grazie alla collaborazione tra le associazioni contro l’omofobia e il Capo della Polizia, Antonio Manganelli. Nel giorno della prima riunione allargata dell’Osservatorio, quindici giorni fa, un pensiero è volato verso il memorabile esempio del libertario indomito e umanissimo che fu Massimo Consoli il cui lascito è più che mai vivo e utile al dibattito attuale su sicurezza e diritti di tutti.

Daniele Priori

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