Associazione Fondazione LUCIANO MASSIMO CONSOLI

9 marzo 2008

REGNO UNITO E’ UN PERICOLO PER I RIFUGIATI”

COMUNICATO STAMPA

9 marzo 2008

RIFUGIATO GAY IRANIANO, GRUPPO EVERYONE: “REGNO UNITO E’ UN PERICOLO PER I RIFUGIATI”

RAPPORTO DI DENUNCIA SARA’ PRESENTATO IN EUROPA

L’HOME OFFICE UK: “UN GAY IN IRAN PUO’ TORNARE, BASTA CHE SIA ‘DISCRETO’”

In un articolo apparso venerdì 7 marzo 2008 sul quotidiano “The Independent”, Simon Hughes, presidente dei Liberal Democratici e braccio destro del leader della Camera dei Comuni, ha affermato:


“L’Home Office sostiene che una persona omosessuale può tornare in Iran ed evitare la persecuzione rimanendo ‘discreta’. Peccato che in Iran essere discreti significhi rinnegare la propria identità. La punizione per chi non riesca a rinnegare se stesso non è nient’altro che la tortura o la morte”.

La stessa tesi era stata già denunciata dai membri del NNRF (Nottingham and Notts Refugee Forum) anni or sono: “L’Home Office dichiara che se una persona omosessuale sarà meno visibile nell’essere gay o lesbica non attirerà l’attenzione dei persecutori” scrive Richard McCance nel sito web dell’associazione di rifugiati.


Il Gruppo EveryOne, che dall’inizio ha promosso, con la collaborazione del Partito Radicale Transnazionale, Nonviolento e Transpartito e delle associazioni Nessuno Tocchi Caino e Certi Diritti, la campagna per la vita del suo membro Seyed Mehdi Kazemi, depositerà in settimana in Unione Europea un rapporto di denuncia del comportamento dell’Home Office del Regno Unito nei confronti dei rifugiati richiedenti asilo.


“Mehdi deve assolutamente rimanere in Olanda.

E’ provato che il Regno Unito porta avanti una vera e propria politica persecutoria nei confronti dei rifugiati, specie se omosessuali” dichiarano i leader del Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau.

“Le affermazioni dell’Home Office sono gravissime, e contrastano con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

E’ auspicabile un urgente intervento degli organismi europei al riguardo.”


“Nel 2004 una ventinovenne dello Zimbabwe, Thando Dube, stava per morire dopo 33 giorni di sciopero della fame in un centro di detenzione del Regno Unito.

La sua colpa? Essere lesbica, cosa che l’aveva indotta a fuggire nel Regno Unito con la speranza di evitare la persecuzione in Patria. Anche a lei l’asilo è stato rifiutato” si legge all’interno del rapporto del Gruppo EveryOne.

“Nel settembre del 2003 il 29enne omosessuale Israfil Shiri si è dato fuoco negli uffici dell’immigrazione di Manchester, dopo che gli era stato negato l’asilo come rifugiato omosessuale (sia in primo grado che in appello) ed era stata fissata la deportazione in Iran, dove lo attendeva l’impiccagione.

L’anno dopo, nell’aprile 2005, il 26enne gay Hussein Nasseri si è sparato due settimane dopo che l’asilo gli era stato rifiutato dall’Home Office, rifiutandosi così di cadere nelle mani dei boia iraniani”.


Ma secondo il Gruppo EveryOne non sono solo gli omosessuali a fare le spese dell’indifferenza del Governo Britannico: Burhan Namig, classe 1980, è stato deportato il 5 setttembre 2006 dal Regno Unito – dove gli era stato negato l’asilo perché “non a rischio” – verso il Kurdistan, nonostante versasse in grave crisi depressiva e avesse minacciato il suicidio. Arrivato in Kurdistan, Burhan ha avuto un attacco di cuore, conseguente al trattamento disumano ricevuto in un centro di detenzione britannico.

Nel febbraio 2007, almeno due curdi iracheni sono stati deportati dal Regno Unito al nord dell’Iraq di nascosto, su un aereo militare contenente medicine e altri aiuti umanitari.

Questo nonostante l’escalation di violenza in corso Iraq, in seguito all’intervento americano, e nonostante la regione curda del nord del Paese sia soggetta a continui attacchi terroristici così come a pesanti abusi dei diritti umani.


“Teniamo una linea dura con le persone che sono presenti illegalmente sul nostro territorio” ha detto l’anno scorso un funzionario dell’Home Office UK in risposta ad alcune domande dell’IRR (Indepedent Race and Refugee News Network).


Ultimo il recente caso di Ama Sumani, 39enne ghanese trasferitasi per motivi di studio nel Regno Unito, dove le era stato diagnosticato un mieloma maligno per cui necessitava di continue cure ospedaliere non sostenibili nel suo Paese d’origine.

L’asilo le è stato rifiutato dall’Home Office Secretary Jacqui Smith e la donna è stata prelevata di forza, il 9 gennaio 2008, dall’ospedale universitario di Cardiff, in sedia a rotelle, e rimpatriata in Ghana.

Secondo l’Home Office, ciò è avvenuto “con cortesia e dignità”.


“Tutto questo dimostra quanto il Regno Unito e il comportamento del suo Home Office siano pericolosi nei confronti di tutti i rifugiati, a maggior ragione per coloro che, come Mehdi Kazemi o la lesbica iraniana Pegah Emambakhsh, sono attesi in Patria dalle peggiori torture e dalla pena capitale per la propria omosessualità” concludono Malini, Pegoraro e Picciau.


Chiediamo all’Olanda di concedere a Mehdi l’immediato status di rifugiato, al fine di evitare che un’altra vita si spezzi a causa della documentata e pervicace attitudine a violare i diritti dei profughi che è ormai caratteristica di un Paese europeo come il Regno Unito.

Chiediamo infine che l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati vigili sui diritti dei profughi che si trovano attualmente sul territorio del Regno Unito e provengono da nazioni in cui rischiano di essere perseguitati, affinché si interrompa la catena di violazioni e di inique deportazioni”.

Per ulteriori informazioni:

Gruppo EveryOne

Tel: (+ 39) 334-8429527

www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

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