Associazione Fondazione LUCIANO MASSIMO CONSOLI

31 dicembre 2022

Come eravamo per augurare che il 2023 ci porti tutti i i diritti e le libertà che ci spettano da sempre.

 Un regalo dal passato, ritrovato gironzolando tra i miei files:  una email mia a Massimo Consoli che mi aveva chiesto di raccontargli per  il suo GayNews come era la mia vita alla fine degli anni 60.

AMg



29 luglio 2005

Caro Massimo, scusa per il ritardo...al solito sto passando tremila cose insieme e lo spazio del mio cervello è poco agibile.

Credo di averti conosciuto intorno al 1965, più o meno, e probabilmente il colpevole è stato Aldo Sebastiani...  All'epoca io frequentavo un giro di amici molto trendy, come diremmo ora, tra cui si mescolavano in parti disuguali compagni di liceo, figli di amici di famiglia, intellettuali e borgatari, ricchi e poveri, gente insomma di tutti i tipi e di tutte le provenienze. Tra questi anche alcune amiche con cui mi relazionavo in modo diverso, ma con la massima ingenuità. Avere un "comportamento omosessuale" come diremmo ora, era per me una cosa così normale che non ci facevo più caso di tanto, e nessuno di quelli che frequentavo lo faceva.

Quello che ci univa era sicuramente la musica, la passione per il ballo e i Beatles e la voglia di starcene tra di noi, fare i nostri esperimenti "scientifici" nell'area sessuale... e senza troppi se e ma tenerci lontani dall'occhio troppo vigile di genitori e affini. Così una delle prime cose che abbiamo scoperto era il fatto che potevamo organizzarci le nostre feste e le nostre band per suonare, fuori da occhi indiscreti, nella cantina di qualcuno o meglio ancora in una cantina in affitto... a prezzi allora più che stracciati e adatti alle nostre tasche sempre o quasi desolatamente vuote.

Personalmente ho passato tra il 64 e il 70 uno dei periodi più strani e difficili della mia vita. Stavo male fisicamente (forse la celiachia, ma non lo sapevo), avevo una situazione familiare pesantissima, con mia madre che stava sempre lì per morire da un momento all'altro (poi è morta nel 1968), mio padre che prendeva una pensione da fame, con cui riuscivamo a malapena a pagare l'affitto di casa, nessun aiuto da parte delle mie sorelle che avevano i loro problemi familiari, ho terminato lo scientifico con le unghie e guadagnandomi qualcosa con le mie bigiotterie, poi ho trovato un lavoro di tipo manageriale (organizzavo pianificazioni di campagna promozionale per gruppi di venditori) per una multinazionale editoriale e nel 66 riuscivo anche a guadagnare abbastanza per continuare a studiare, mandare avanti casa e...poco altro.

Tra l'altro all'epoca non andava di moda che una figlia di famiglia lavorasse per vivere, così dovevo pure farlo di nascosto e sembrare sempre al top dello chic... Di tempo per le mie passioni, la politica del corpo per cominciare, non ne avevo mai. Così, salvo qualche rara volta che riuscivo a sfuggire allo studio, al lavoro e alla famiglia, la mia vita sociale era quanto di più saltuario possibile. E separato e distante il più possibile, due mondi diversi in cui avevo anche due nomi diversi... una fase esistenzialista di cui non so perché sono fierissima: ne sono grata a Sartre e ne sono rimaste alcune poesie, alcune tremendamente pesanti a rileggerle,  altre orribilmente "fuori" ..

Noi due abbiamo fatto amicizia non so perché, forse perché eravamo tutti e due sempre arrabbiati, troppo sinceri e fieri di esistere, sempre scannati, e con un gran bisogno di modificare un mondo che vedevamo profondamente ingiusto, soprattutto per chi era povero e per chi era differente, chi non si omologa.

Forse perché dopo il mio impatto col marxismo (mi ero letta nel 63  tutto il Capitale e mi aveva profondamente affascinato non tanto negli argomenti e nelle proposte, che mi apparivano superati, quanto nel metodo storicista di affrontare le questioni) avevo bisogno di qualcuno che fosse in grado e avesse voglia di fare e di discuterci, su qualcosa del genere, come avevo io, e dove i miei amici di serate non erano in grado di seguirmi e tantomeno di ribattermi.

Piombare a casa tua e poi a via dei Pettinari era per me un momento per essere me stessa, anche se lì mi sentivo un po' a disagio con Dario che era sempre così prevenuto nei miei confronti. Ora so che eravamo orribilmente timidi tutti, e ciascuno di noi faceva del suo meglio per mettere in difficoltà l'altro e sembrare forte e sicuro come non  era… ma per quanto riguarda te non ho mai pensato che ce l'avessi con me, mentre con Dario era veramente pesante alle volte.

Il periodo 66//67 è stato veramente orribile per me, e avevo solo bisogno di rifugiarmi ogni tanto dove potevaesserci qualche faccia amica e senza secondi fini: la mia ragazza era ormai lontana e quella che avevo era tremendamente incolta anche se si atteggiava a intellettuale, e tutti quelli che conoscevo tentavano ostinatamente e disperatamente di portarmisi a letto, e a me non interessavano altro che come cavalieri al ballo.

Non c'è da meravigliarsi che mi trovassi bene con te e con Dario, anche se era sempre scorbutico. Meglio ancora a chiacchierare col suo amico (tanto dolce e sempre maltrattato) e soprattutto con Enrichetto, lo sguardo e il cuore innocente e gentile.

Ricordo che quando mi dicesti che volevi andare in Olanda ci rimasi malissimo. Per me era come perdere l'unico amico vero che avevo... te lo dico ora, a quasi quarant' anni di distanza, perché sono sicura che non te ne sia mai accorto.

Mi pare che ti scrissi qualcosa del tipo che era importante e sacrosantamente giusto che cercassi di uscire dal letamaio di ipocrisie in cui ci sentivamo costretti a vivere in Italia e a Roma allora, che andassi a vedere com'era il resto del mondo. Mi sarebbe piaciuto andarmene pure a me, ma non potevo, mia madre non potevo lasciarla da sola, malata e depressa com'era. Avevo rinunciato pure a una borsa di studio per l'estero... e ricordo la tua lettera da Amsterdam, piena di meraviglia e di gioia per quella realtà che non pensavi possibile...

Quando sei tornato la mia vita era piena di un'altra infinità di cose.

A via Ettore Rolli ci sono passata, almeno una volta. Io sono sempre un' irregolare e poi all'epoca, o un po' più tardi, sarò impelagata con quello che poi sarebbe diventato il FUORI romano.

E ora basta, se no ti scrivo tutto il romanzo...

Alba Montori

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