Se volete ricordare Anselmo assieme a noi, se non avete nulla di meglio da fare, l'appuntamento è alla sua lapide al Cimitero 'Flaminio' di Prima Porta in tarda mattinata, intorno alle ore 11.00 .
[riquadro n.113 bis, fila n.53, fossa n.3]
Fondatore della prima associazione omosessuale OMPO's, Anselmo Cadelli viene
ricordato per la sua militanza, una delle prime militanze assidue e costanti in
difesa dei diritti degli omosessuali, dei diritti civili, delle pari
opportunità, della tutela della dignità umana a prescindere dal proprio
orientamento, negli anni 70. La sua viene definita attività di un omosessuale
di seconda generazione nel campo dell’agire per l’eguaglianza sostanziale tra
cittadine e cittadini, in un’Italia oscurantista, da poco uscita vincente nella
lotta per l’aborto e per il divorzio, dai primi referendum che dettero un forte
colpo alla permanenza egemonica della cultura oscurantistica delle aree
vaticaniste e curialiste e dei loro riferimenti politici, detenenti il potere
governativo nel Paese. Nel 1978, il 12 luglio, Anselmo occupa uno stabile a
Roma, nel quartiere popolare del Testaccio, e lo denomina "GAY HOUSE
OMPO's", ossia la casa gay dell’associazione Ompo, pioniera nel Paese
nella militanza massiva per la rivendicazione del riconoscimento dei diritti
per gli omosessuali. Anselmo è anche un letterato e scrive una commedia, dal
titolo “Solo i gay vanno in Paradiso”, che riscuote successo nel campo delle
rappresentazioni teatrali sperimentali e di avanguardia, da subito si direbbe,
a Roma e non solo.
Siamo al 31 dicembre del 1977 e, dopo questo primo passo che ha reso Anselmo
protagonista numero uno del movimento GLBT, si può dire, anche se in forma
embrionale al tempo, Cadelli si prodiga a collaborare con la giustizia per
risolvere casi, tanti ai tempi, come oggi, di omicidi di omosessuali dichiarati
e non. Il primo caso riguarda un 46 enne, Alfredo Garrefa, ucciso con colpi di
un’arma contundente simile all’arnese che i macellai usano per affilare i
propri coltelli per scuoiare le carcasse bovine. L’autore dell’efferato delitto
è un giovane, Jean-Charles Fasulo, 19 enne, che viene preso, il 19 gennaio
1991, sotto braccio da Anselmo e, dopo averlo convinto di deporre, lo porta
alla Prefettura dove confesserà il compimento dell’immane delitto. Arriviamo,
poi, al giugno 1997, quando Anselmo informa l’autorità giudiziaria che Mariano
Tredita è autore del meditato omicidio contro un cittadino olandese.
Anselmo ha
avuto un’infanzia difficile: abbandonato da piccolo dai propri genitori, si
trova a trascorrere i suoi primi anni di vita e di giovinezza tra militari, in
caserma, in collegi, orfanotrofi, ospedali e, questo passato burrascoso,
difficile, condiziona fortemente la sua crescita morale ed etica pervasa da un
forte senso e sentimento di giustizia sociale, civile, e di libertà, di
autonomia, di opposizione a ogni forma di potere, di autorità, quasi definibile
come animo anarchico. Anselmo muore a Roma, nel ferragosto del 2001. Finisce la
sua vita proprio negli anni degli albori dei primi nuclei organizzati del
Movimento GLBT, nei primi anni della crescita culturale e civile di una
componente forte di militanti in lotta per l’affermazione dei propri diritti,
dai PACS, alle adozioni, dalla battaglia contro l’emarginazione sociale alla
lotta contro i licenziamenti discriminatori. Un movimento, è questo, ormai mondiale,
fortemente vincente in tutta Europa, condizionante come lobby positiva le
legislazioni nazionali anche degli stati più conservatori e confessionalisti,
come la Spagna,
dove da poco sono state riconosciute le pari opportunità per le coppie di
qualsiasi orientamento sessuale e costituite da qualsiasi tipologia di
cittadine o di cittadini. Anselmo è stato certamente militante della seconda
generazione, ma ha lasciato molto nell’agenda politica passata del movimento
GLBT: il suo esempio è quello classico di uomo dall’alto senso della dedizione
per l’altro, dalla profonda conoscenza del valore della dignità propria e degli
altri, quella umana, quella universale, quella che chiede di venire considerata
essere oggetto di diritto e di garanzie giuridiche piene. Anselmo ha lasciato
un ricordo che vuole testimoniare che cambiare laicamente la società e
combattere per i diritti civili e umani è possibile se esiste costanza,
perseveranza e forte senso di collettività negli animi di coloro che si
prepongono questo obiettivo. La morte di Anselmo porta con se il valore di un
patrimonio politico e civile che deve essere costante punto di riferimento per
il futuro e per una società di libertà e di giustizia. Lui non comprendeva il
tanto accanirsi di parte della società, che si opponeva alla permanenza della
sede dell’associazione nella Palazzina del Testaccio: tante furono le
pretestuose querele esposte da residenti vicini. Ma comprendeva che occorreva
continuare e perseverare costruendo una forte realtà che potesse, un giorno,
come lo è stata in gran parte, essere generatrice di altre realtà che, insieme,
avrebbero costituito quel grande movimento di uomini e di donne contro una
conservazione troppo moralista e perbenista della cultura italiana, piena e
intrisa di pregiudizi emarginanti. Forse qualche successo del movimento GLBT,
oggi, si deve in parte a lui, ad Anselmo.
Alessandro Rizzo
Alessandro Rizzo
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