Associazione Fondazione LUCIANO MASSIMO CONSOLI

10 luglio 2025

Lo strano caso di Agostina Meravigli, detta D'Artagnan - Capitolo II

 

Il cadavere di Agostina - I testimoni - Il misterioso militare vestito  kaki - Le molteplici versioni della Buonporto - Il fermo e le prime ammissioni

lug 2
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CAPITOLO II

Fonogramma del Commissariato Salario contenente la comunicazione alla Procura della Repubblica dell'avvenuto omicidio.

Anche la donna rimasta illesa urla e dopo pochi secondi la porta dell'appartamento dei coniugi Scala si apre. Sulle scale gli spari sono rimbombati fragorosi e alcuni vicini si affacciano e raggiungono l'andito buio di fronte alla soglia dell'abitazione al primo piano. Qualcuno affermerà di aver sentito uno scalpiccio giù per la rampa delle scale: un uomo in fuga, l'assassino.

È il cognato ad aprire la porta. Per Agostina non c'è più nulla da fare, il suo corpo, che giace in una pozza di sangue, viene trasportato in casa e composto su uno dei due letti della stanza in cui le donne convivono. Il viso viene coperto con un panno, il petto con un asciugamano appallottolato, per celare allo sguardo «sull'abito grigio le vaste macchie di sangue». Qualcuno dà l'allarme e di lì a poco giungono sul luogo del delitto i funzionari del commissariato Salario («il dott. Morlacchi e il dott. Passaro» ¹ ) e, al loro seguito, com'è consuetudine, alcuni cronisti di nera .

La Buonporto, per quanto ancora sotto shock, è la prima ad essere interrogata. La sua prima versione è quella di aver visto dell'assalitore solo la mano, sporta dall'angolo del muro, illuminata dalla fiammata degli spari.

Della presenza nel palazzo di quest'uomo presto si scopre che ci sono ben tre testimoni. Il primo è un ragazzo sui vent'anni, Ideale Toccafondi, «un giovane che ammazza la disoccupazione vendendo le sigarette proprio all'angolo della via» ² , all'incrocio tra viale Regina Margherita e via Salaria. Toccafondi dichiara alla polizia di aver veduto uscire dal portone un individuo «con passo affrettato, ma tuttavia abbastanza tranquillo perché potesse destare l'allarme».

È un suo conoscente, Francesco Sola, di professione barista, abitante anch'egli al numero 8, ad attrarre la sua attenzione uscendo poco dopo dal palazzo urlando: «Quello ha sparato due colpi di pistola dentro il n. 8!».

Il Sola ha infatti udito gli spari – che il Toccafondi non può aver sentito – e ha intuito che la sagoma indistinta e furtiva che sta uscendo di fretta, e con deciso vantaggio, sia quella dello sparatore. In un articolo dell'«Avanti!» sì dadi:

A quel punto il Toccafondi si voltava ancora a guardare il fuggitivo che nel frattempo gli era passato davanti e vide che indossava un pastrano militare e che ormai se la dava a gambe nella direzione del cinema Astra ³ .

Dichiara di aver visto il presunto omicida anche Giuseppe Pietri, che si è recato in visita al cognato, proprietario del caffè Cometti, il cui appartamento è esattamente dirimpetto a quello degli Scala. Pietri dice di aver incrociato nello scendere le scale le due donne – è lui l'uomo con cui hanno scambiato lo sbrigativo saluto – e, poco dopo, di aver visto un uomo salire verso il primo piano.

Lo sconosciuto viene descritto come un giovanotto sui 25 anni, moro, un metro e settanta di statura, colorito pallido, vestito con un cappotto marrone di foggia militare con tanto di stellette.

La prima ipotesi che viene formulata dalle forze dell'ordine è quella di un agguato per rapina: le due donne stavano rientrando dalla loro bottega con gli incassi della giornata.

I congiunti della Meravigli mostrano di gradirla, perché garantirebbe di chiudere in fretta la faccenda: non può che essere un disperato alquanto maldestro che non ha saputo gestire un atto più grande di lui e che è fuggito spaventato. A queste testimonianze si adattano in un primo tempo anche Luisa Bontempo, dichiarando, tra l'atro, di non aver mai visto prima quello sconosciuto.

D'altronde, di fatti inspiegabili ne accattono: la signora Italia Meraviglia, sorella della vittima, ricorda un episodio inquietante accadutole, qualche anno prima, nel dicembre del 1945, quando, sentendo suonare il campanello, si era avvicinata alla porta e aveva chiesto chi fosse, ottenendo come risposta soltanto «Telegramma!». Ma appena aperta la porta era stata assalita da un uomo che con un “pugno di ferro”  le aveva procurato una ferita alla testa suturata con molti punti e una settimana di ospedale. Il fatto non era mai stato chiarito dagli inquirenti che vi indagavano sopra.

La tesi della rapina è andata a maschio, però, viene gradualmente messa da parte: è pur vero che l'omicida non ha scambiato alcuna parola con le due amiche, non ha avanzato alcuna richiesta e ha senz'altro sparato per uccidere.

È qui accade qualcosa di curioso e decisamente strano, perché solo a questo punto la Buonporto si sovviene di un fatto avvenuto nel pomeriggio.

I giornali dell'8 febbraio, il giorno dopo l'omicidio, raccolgono il racconto della donna in versioni alquanto differenti l'una dall'altra.

«Il Messaggero» scrive:

Verso le 19 uno sconosciuto dall'apparente età di 25 anni, in divisa militare italiana, con cappotto caki (sic!), entrava nel negozio della Meraviglia (sic!) e si soffermava a guardare della frutta e quindi usciva dall'esercizio senza acquistare nulla. Una decina di minuti dopo faceva una seconda apparizione nel locale e anche questa volta uscì senza fare compere. Una terza volta, a pochi minuti di distanza, lo sconosciuto rientrava nel negozio e acquistava un etto e mezzo di datteri, intrattenendosi nel locale con la proprietaria, con la quale parlava con spiccato accento meridionale delle difficoltà finanziarie in cui versava. Lo sconosciuto, che portava la fede al dito, affermava di essere ammogliato e di non avere notizie della moglie. Quindi si allontanava per rientrare una quarta volta per acquistare 75 grammi di datteri. Alle 20:30 la Meraviglia assieme alla Buonporto chiudeva il locale e si dirigeva verso casa. Giunte all'angolo di via Po le due donne imbattevano da capo nel misterioso soldato che sostava dinanzi alla fermata del tra numero 4. Lo sconosciuto da quel momento seguiva le due donne. La Buonporto si accorse di quel pedinamento, ma non disse nulla all'amica per non impressionarla. 

Nella descrizione del misterioso sconosciuto riportato da «Il Messaggero» non si può non riconoscere l'identikit del giovane visto uscire di corsa dal portone del numero 8 di viale della Regina Margherita dai testimoni di cui abbiamo già detto qui sopra.

Nella versione dei fatti raccolta dal giornalista di «L'Avanti», organo del Partito socialista italiano, si legge:

Alle 19 di ieri si presentava in negozio un racconto che ordinava un etto e mezzo di datteri. Sembrava ubriaco. Dopo un'ora si presentava nuovamente e chiedeva altri datteri e le donne lo riconoscevano per il suo pastrano militare color kaki e anche perché dimostrava di essere ancora alticcio. Aveva uno strano modo di guardarsi attorno e di fare domande. Quando il negozio fu chiuso le due donne lo incontravano ancora per via tanto è vero che tra loro si facevano un cenno d'intesa per dirsi che avevano riconosciuto l'ubriacone. Maria Luisa Buonporto ha dichiarato ai funzionari del commissariato Salario che costui era l'assassino. Si tratterebbe perciò di un giovane alto circa un metro e settanta, sui 25 anni, capelli castani e occhi dello stesso colore, pallido in viso e con indumenti di provenienza militare colori kaki. 

Anche il quotidiano comunista «L'Unità» riporta a proprio modo la testimonianza del Buonporto:

«Un quarto d'ora circa prima delle nove - essa ha detto - io e la povera Agostina abbiamo chiuso la saracinesca e ci siamo avviate verso casa. Siamo arrivati senza incidenti, chiacchierando del più e del meno. Abbiamo salito le scale al buio, come sempre, e, mentre eravamo giunte in cima alla prima rampa, abbiamo sentito alle nostre spalle dei passi malcerti, come di persona che non conoscevasse l'ambiente. Agostina ne fu impressionata e si affrettò a raggiungere la porta dell'appartamento. Temeva le aggressioni, la poverina, da quando il 6 dicembre del 1946 rimase vittima di una tentata rapina da parte di due sconosciuti che penetrarono in casa, la stordirono con pugni di ferro e poi fuggirono perché Agostina, rinvenuta, cominciò a gridare aiuto  . Ho detto che ci affrettammo verso la porta di casa. Agostina aveva già tirato fuori le chiavi dalla borsetta, quando ho sentito il primo colpo. Mi sono voltata con il sangue che mi si gelava nelle vene per lo spavento. Anche Agostina si era voltata, ma aveva già una battaglia nella schiena. Davanti a noi, a un metro, stava un giovane sui 25 anni, coi capelli castani, vestito da militare con un cappotto kaki. Aveva in pugno una pistola e fissava Agostina con occhi sbarrati. Ha sparato un altro colpo poi è fuggito. Agostina è caduta senza un lamento. Da casa sono usciti la sorella e il cognato. L'abbiamo raccolta e portata dentro, ma era già morta. Io non riuscivo a parlare dal terrore. La vista dell'assassino mi aveva quasi fatto perdere i sensi. Quel giovane militare io lo conoscevo! L'avevo visto cinque volte quella sera! Poco prima dell'ora di chiusura era entrato nel nostro negozio con l'aria di un uomo un po' brillo, o di uno che vorrebbe chiedere qualcosa e non ne ha il coraggio. Uscì senza dire una parola, dopo averci guardato in faccia e aver gettato un'occhiata sulle ceste di frutta. Pochi minuti dopo rientrò e chiede un etto di datteri. Uscì e rientrò subito, per dirci che uno dei datteri era marcio. Poi se ne andò tranquillamente. Mentre ci avviavamo verso casa lo vidi tre volte. 

Che il militare ghiotto di datteri possa essere l'assassino ne è convinto anche il giornalista di «Cronaca nera», un'altra rivista specializzata nel genere criminologico e giudiziario:

…l'episodio in sé poco significativo assume un diverso valore quando, più tardi, mentre rincasavano, le due donne lo rividero e capirono che egli le seguiva. Comunque, affrettarono il passo, sicure, tuttavia, che colui continuasse a seguirle da presso. Lo sentirono, infatti, quand'ebbero impegnate le scale, cauto, regolando il suo passo su quello delle due donne e, allora, si affrettarono alla porta dell'appartamento e la Buonporto (sic!), che era innanzi, suonò il campanello. Nell'attimo stesso risuonarono i due colpi di pistola  .

Le evidenti contraddizioni nel racconto della Buonporto devono aver insospettito i poliziotti presenti sulla scena del delitto, perché a tarda notte, quando il corpo della povera fruttivendola è già stato trasportato all'obitorio dietro autorizzazione dell'autorità giudiziaria per essere sottoposto ad autopsia, l'amica della morta viene fermata e condotta in commissariato per essere nuovamente interrogata. L'unico giornale che riesce a includere la notizia è «L'Avanti», che scrive:

Al momento di andare in macchina apprendiamo che la Maria Luisa Buonporto è stata fermata dalla Mobile, i cui funzionari sono partiti alle ore 3 per operare alcuni fermi in base a informazioni fornite dalla donna. ¹⁰

È in questo primo colloquio con gli inquirenti che la Buonporto, stanca e ancora scioccata per l'accaduto, inizia a fornire dettagli sulla personalità della sua compagnia di stanza e di lavoro.

1

Anonimo, Una negoziante di frutta uccisa a rivolterate da uno sconosciuto che l'aveva seguita a casa , «Il Messaggero» dell'8 febbraio 1948, pag. 2.

2

Anonimo, Una donna uccisa per le scale da una rivolterata esplosale in pieno petto , «Avanti!» dell'8 febbraio 1948, edizione romana, pag. 2.

3

Anonimo, Una donna uccisa per le scale da una rivolterata esplosale in pieno petto , «Avanti!» art.cit.

4

Anche detto tirapugni, arma impropria formata da quattro anelli di metalli in cui si mettono le dita a pugno.

5

Anonimo, Una negoziante di frutta uccisa a rivolterate da uno sconosciuto che l'aveva seguita a casa , «Il Messaggero» art. cit.

6

Anonimo, Una donna uccisa per le scale da una rivolterata esplosale in pieno petto , «Avanti!» art.cit.

7

Difficile dire se sia la Buonporto a non raccontare il vero sull'aggressione del 5 dicembre 1945 (la data del 6 dicembre 1946 è inesatta) di cui fu vittima Italia Meravigli, attribuendola alla sorella, o se i fatti sono stati compresi male dal giornalista che ha raccolto la testimonianza. Si vede qui sotto il rapporto originale sull'agguato del 1945.

8

Anonimo, Freddata sulla soglia di casa da un giovane in divisa militare, «L'Unità» dell'8 febbraio 1948.

9

Anonimo, Hanno ucciso D'Artagnan , «Cronaca nera», Anno IV, nr. 7 del 14 febbraio 1948.

10

Anonimo, Una donna uccisa per le scale da una rivolterata esplosale in pieno petto , «Avanti!» art.cit.

Un post ospite di
Giorgio Umberto Bozzo
Attivista LGBT+ 🏳️‍🌈🏳️‍⚧️ Capoprogetto di Le Radici dell'Orgoglio e di La Compagnia del Gender

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