Stato dell'arte in EU sulla questione del riconoscimento delle coppie omosessuali.
INTERROGAZIONE SCRITTA E-0351/10 di Niccolò Rinaldi (ALDE), Sonia Alfano (ALDE), Gianni Vattimo (ALDE) e Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE) al Consiglio
oggetto: Principio di parità e mancato riconoscimento delle relazioni omosessuali in alcuni Stati membri dell'UE
L'Unione europea promuove le pari opportunità e la non discriminazione in tutti i settori, in particolare sulla base dell'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, diventata vincolante con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona. Contrariamente a tale principio, alcuni Stati membri dell'UE ancora non hanno una legge o una normativa che regolamenta le coppie di fatto, le unioni registrate, le unioni civili o i matrimoni tra omosessuali. L'assenza di riconoscimento delle coppie omosessuali implica altresì una chiara barriera alla loro libera circolazione nell'Unione europea, dal momento che non vi è garanzia di riconoscimento reciproco: ciò rappresenta una violazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali comunitari. Tra questi paesi vi è l'Italia, dove una serie di cause promosse da coppie omosessuali sono state deferite alla Corte costituzionale, la quale dovrà pronunciarsi sulla compatibilità con la costituzione italiana del rifiuto delle autorità di riconoscere il diritto al matrimonio per le coppie omosessuali. In tale scenario Francesco Zanardi e Manuel Incorvaia, due cittadini italiani, hanno iniziato lo sciopero della fame (Incorvaia ha dovuto poi interromperlo per motivi di salute mentre Zanardi è al suo sedicesimo giorno) per esercitare pressioni sul parlamento italiano e sulle commissioni pertinenti affinché inserissero nell'ordine del giorno l'esame e la discussione della proposta di normativa sulla parità e sul riconoscimento delle unioni e dei matrimoni omosessuali. Alla loro protesta si sono unite ONG, politici e cittadini che sostengono la loro causa. La richiesta di tutti è di trovare una soluzione politica mediante le istituzioni democraticamente elette, anziché lasciare la decisione ai tribunali.
INTERROGAZIONE SCRITTA E-0351/10 di Niccolò Rinaldi (ALDE), Sonia Alfano (ALDE), Gianni Vattimo (ALDE) e Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE) al Consiglio
oggetto: Principio di parità e mancato riconoscimento delle relazioni omosessuali in alcuni Stati membri dell'UE
L'Unione europea promuove le pari opportunità e la non discriminazione in tutti i settori, in particolare sulla base dell'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, diventata vincolante con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona. Contrariamente a tale principio, alcuni Stati membri dell'UE ancora non hanno una legge o una normativa che regolamenta le coppie di fatto, le unioni registrate, le unioni civili o i matrimoni tra omosessuali. L'assenza di riconoscimento delle coppie omosessuali implica altresì una chiara barriera alla loro libera circolazione nell'Unione europea, dal momento che non vi è garanzia di riconoscimento reciproco: ciò rappresenta una violazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali comunitari. Tra questi paesi vi è l'Italia, dove una serie di cause promosse da coppie omosessuali sono state deferite alla Corte costituzionale, la quale dovrà pronunciarsi sulla compatibilità con la costituzione italiana del rifiuto delle autorità di riconoscere il diritto al matrimonio per le coppie omosessuali. In tale scenario Francesco Zanardi e Manuel Incorvaia, due cittadini italiani, hanno iniziato lo sciopero della fame (Incorvaia ha dovuto poi interromperlo per motivi di salute mentre Zanardi è al suo sedicesimo giorno) per esercitare pressioni sul parlamento italiano e sulle commissioni pertinenti affinché inserissero nell'ordine del giorno l'esame e la discussione della proposta di normativa sulla parità e sul riconoscimento delle unioni e dei matrimoni omosessuali. Alla loro protesta si sono unite ONG, politici e cittadini che sostengono la loro causa. La richiesta di tutti è di trovare una soluzione politica mediante le istituzioni democraticamente elette, anziché lasciare la decisione ai tribunali.
Non ritiene il Consiglio che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale dovrebbe essere eliminata da tutti gli Stati membri in tutti i settori, soprattutto dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona e della Carta dei diritti fondamentali? Come intende il Consiglio far sì che la libera circolazione e il riconoscimento reciproco delle coppie omosessuali siano garantite nell'Unione europea? Intende il Consiglio manifestare le sue preoccupazioni per la sorte del sig. Zanardi, così da garantire una discussione sulla legislazione concernente le unioni omosessuali e una regolamentazione delle stesse in Italia?
E-0351/10
risposta (19 aprile 2010)
Si ricorda che il Consiglio può agire soltanto nei limiti delle competenze dell'UE.
L'articolo 5, paragrafo 2, del trattato UE stabilisce il principio di attribuzione delle competenze, secondo cui l'Unione europea può agire esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati. Inoltre, l'articolo 6 del trattato UE prevede che l'Unione riconosca i diritti sanciti nella Carta dei diritti fondamentali ma che le disposizioni della Carta non estendano in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati.
Il Consiglio è pertanto tenuto al rispetto del principio di attribuzione delle competenze anche quando adotta misure per combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale.
Ciò detto, si informano gli onorevoli Parlamentari che la direttiva 2000/78/CE del Consiglio1, basata sull'articolo 13 del trattato CE (ora articolo 19 del TFUE), già vieta la discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali per quanto riguarda l'occupazione e le condizioni di lavoro. Ai sensi del considerando 22 di tale direttiva del Consiglio "la presente direttiva lascia impregiudicate le legislazioni nazionali in materia di stato civile e le prestazioni che ne derivano.".
È inoltre attualmente all'esame del Consiglio2 una nuova proposta relativa alla lotta contro la discriminazione. Il 2 luglio 2008, la Commissione ha adottato una proposta che mira ad estendere la tutela contro la discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale per coprire settori non ancora inclusi nella direttiva 2000/78/CE quali la protezione sociale, comprese la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l'istruzione e l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura, inclusi gli alloggi.
Nella proposta si afferma inoltre che essa non modifica la ripartizione delle competenze tra l'Unione europea e i suoi Stati membri ed in particolare che essa non si applica alle materie disciplinate dal diritto di famiglia, tra cui lo stato coniugale (articolo 3, paragrafo 2). Avendo il Parlamento europeo adottato il suo parere nel quadro della procedura di consultazione il 2 aprile 20093, il Consiglio sta attualmente esaminando la proposta.
Sarà necessaria l'unanimità tra gli Stati membri perché essa possa essere adottata e il Consiglio non è in grado di anticipare i risultati dei negoziati in corso. Conformemente all'articolo 19 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, prima che l'atto possa essere adottato è necessaria l'approvazione del Parlamento Europeo.
Per quanto riguarda il fatto di garantire la libera circolazione e il riconoscimento reciproco delle coppie omosessuali nell'Unione europea, il Consiglio non è stato invitato ad adottare una posizione al riguardo non avendo la Commissione sinora presentato alcuna proposta.
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