Ci è giunta la notizia della fine spaventosa di Daniel Zamudio, un giovane omosessuale cileno segregato da un gruppo neonazista. Daniel ha subito una lentissima, spaventosa agonia: sul suo corpo sono state incise lunghe svastiche con lunghe schegge di vetro, amputazioni, bruciature ed ogni genere di efferatezze.
“La sua vita”, dichiara Paolo Patanè , Presidente nazionale di Arcigay, ”è persa nel modo più barbaro che si possa immaginare, perché criminali assassini hanno ritenuto non avesse avesse diritto di vivere in quanto gay. Ora è troppo facile pensare che la sua morte appartenga solo a lui: in realtà appartiene a tutti, nella misura in cui strazia o accusa la coscienza di tutti, ed esige risposte da tutti”.
“Chiediamo con forza – continua Patanè – un autorevole intervento del nostro Ministro degli Esteri di sensibilizzazione verso l’accertamento delle responsabilità nei confronti del Governo cileno. A Daniel, Arcigay dedicherà una targa nella sala della sede di rappresentanza nazionale in via S.Giovanni a Roma. Auspichiamo che l’ Ambasciatore cileno nel nostro Paese possa presenziare alla cerimonia con la quale ricorderemo Daniel”.
“Ricordiamo infine il dibattito alle Nazioni Unite sulla depenalizzazione dell’omosessualità. Il Vaticano assuma il peso di questa tragedia e ne tragga motivo per dimostrare un mutamento definitivo di posizioni: tolga tutti i veti crudeli, fin qui imposti, ed anzi lavori da subito affinchè dal Palazzo di Vetro arrivi un gesto fortissimo e si approvi una volta per tutte questo impegno condiviso contro la barbarie dell’ ingiustizia: sono gli omofobi, che oltraggiano la vita e la dignità di persone inermi, a dover essere sanzionati duramente, e non certo gli omosessuali che troppo spesso la vita se la vedono umiliata, negata e persino tolta “, conclude Patanè.
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